

Casi Studio
- Categoria : diritto civile; obbligazioni
- Pubblicazione: 27/03/2025
- Autore : Avv. Paolo Condò de Satriano e Avv. Francesca Barbaro
- Luogo : Roma
È valida e produttiva di uno specifico obbligo giuridico la promessa con cui taluno si impegna per il futuro ad effettuare una donazione?
La risposta deve ritenersi negativa e sia la dottrina che la giurisprudenza sono pacifiche sul punto.
Le ragioni alla base della “inammissibilità”, “invalidità” o comunque “improduttività di effetti giuridici” della promessa a donare discendono proprio dalla intrinseca natura e funzione economico-sociale del contratto di donazione.
Pur essendo la donazione un vero e proprio contratto (non è infatti sufficiente la sola volontà del donante di arricchire l’altra parte senza riceverne un corrispettivo ma occorre anche quella del donatario di accettare la prestazione) – categoria per la quale è notoriamente ammessa la stipula di un preliminare o, comunque, l’assunzione dell’obbligo a stipulare per il futuro – la figura contrattuale in esame è connotata da elementi assolutamente peculiari, quali lo spirito di liberalità che muove il donante e l’arricchimento del donatario, presentando per tale motivo la sua disciplina civilistica forti analogie con il regime della successione testamentaria.
L’articolo 769 del Codice Civile definisce la donazione come quel contratto col quale una delle parti “per spirito di liberalità, arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione”.
Come anticipato, elementi caratterizzanti il contratto di donazione sono:
- lo spirito di liberalità (animus donandi), che costituisce la causa del contratto e consiste nella spontaneità che caratterizza il gesto e nella libera ed arbitraria decisione di effettuare una prestazione a titolo puramente gratuito in favore di un altro soggetto, senza che avvenga in virtù di vincolo contrattuale pregresso o comunque di un obbligo giuridicamente vincolante ed, altresì, senza che venga dato rilievo ai motivi personali per i quali si effettua l’atto di arricchimento (posso decidere di donare per affetto, per spirito di carità, per vanità personale, per ingraziarmi il beneficiario ecc. ecc.);
- l’arricchimento, ossia l’effettivo incremento del patrimonio del donatario, che può realizzarsi o disponendo in suo favore di un diritto del donante (trasmettendo al donatario il diritto stesso, costituendo a favore del donatario un diritto reale di godimento o di garanzia ecc. ecc.) o assumendo un’obbligazione nei suoi confronti (purché, secondo ampia dottrina e giurisprudenza, non si tratti di un’obbligazione di facere).
Alla luce di questi peculiari ed imprescindibili elementi, la dottrina e la giurisprudenza sono granitiche nel ritenere inammissibile la figura del contratto preliminare o della promessa rispetto alla donazione.
La donazione deve essere spontanea (animus donandi), come già recitava l’art. 1050 del Codice Civile del 1865 (“spontanea liberalità”).
Non è concepibile e giuridicamente ammissibile, pertanto, un contratto diretto a creare in capo ad un soggetto l’obbligo di concludere una donazione; donazione che, per sua natura, il soggetto deve essere pienamente libero di compiere o non compiere.
Un tale obbligo, fondamentalmente, non solo sarebbe contrario allo spirito di liberalità della donazione, ma finirebbe per eliminare del tutto la spontaneità della volontà di donare tutte le volte in cui si dovrebbe concludere un contratto definitivo di donazione in esecuzione del preliminare.
In altre parole, appare di tutta evidenza che se il donatore fosse giuridicamente obbligato ad effettuare una donazione verrebbero meno i presupposti essenziali della donazione.
D’altronde, come detto, l’orientamento nomofilattico sul punto è chiaro: “una promessa di donazione non è giuridicamente produttiva di obbligo a contrarre, perché la coazione all’adempimento, cui il promittente sarebbe soggetto, contrasta con il requisito della spontaneità della donazione, il quale deve sussistere al momento del contratto” (Cass. Civile, SS.UU., 18 dicembre 1975, n. 4153; Cass. Civile, Sez. III, 8 giugno 2017, n. 14262; Cass. Civile, Sez. II, 4 marzo 2020, n. 6080).
In definitiva, il contratto preliminare di donazione o, in altri termini, la promessa con cui il donante si obblighi nei confronti del donatario ad effettuare una donazione in un secondo momento sono irrimediabilmente nulli e improduttivi di alcun “obbligo a donare”.
Che fare, allora, dinanzi ad una promessa di donazione non mantenuta? Nulla, dal momento che non si potrebbe chiedere il risarcimento del danno per la lesione dell’affidamento ingenerato in capo al donatario su una futura utilità che non ha visto più riceversi, né, tantomeno, si potrebbe azionare il rimedio giudiziale dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto.
In pratica, o si dona nell’immediatezza od un qualsiasi altro tipo di accordo non ha valore per il nostro ordinamento.